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Come conciliare le nuove realtà immersive con privacy e sicurezza?

realtà immersive

Quante volte, dall’inizio dell’anno, abbiamo già sentito parlare di realtà immersive? La diffusione delle tecnologie di Realtà Virtuale e Realtà Aumentata garantita dalla diminuzione dei costi e del rapido ritmo di sviluppo degli strumenti hardware, presto trasformerà le tecnologie immersive da strumento di intrattenimento per pochi ad elemento imprescindibile nella vita di moltissimi individui. 

I sostenitori delle tecnologie immersive sottolineano gli aspetti positivi che la loro espansione potrebbe generare. Benefici come una maggiore connessione umana, una maggiore empatia e nuove opportunità per l’istruzione sono spesso elencati come riprova del potenziale della VR.

I critici, d’altro canto, mettono in guardia da un ottimismo sfrenato e si concentrano sulle opportunità di uso improprio e abuso, come molestie e violazioni della privacy dei consumatori. La loro voce aiuterà a proteggere l’industria nascente in un panorama legale che cambia e aiuterà a garantire che gli usi benefici di questa potente tecnologia superino i potenziali abusi.

Le realtà immersive: un mondo in crescita

Ben presto si assisterà alla diffusione delle realtà immersive fra consumatori, educatori, pubblicitari, artisti, giornalisti e utenti di computer tradizionali. All’inizio, la sua fruizione era limitata all‘industria dell’intrattenimento, e includeva settori come gli sport professionali, i videogiochi e il cinema. Oggi però, secondo le previsioni, abbiamo ragione di credere che ben presto sarà sfruttata in moltissimi altri ambiti, anche e soprattutto in ottica professionale.

I miglioramenti dell’hardware hanno reso la VR più accessibile ai consumatori e agli spazi di lavoro. La risoluzione e il rendering sono aumentati al punto che gli artisti si esibiscono in concerti dal vivo all’interno delle realtà immersive davanti a milioni di fan. I miglioramenti nel rendering hanno fatto sì che gli sport professionali possano utilizzare la VR dal vivo: il basket trasmette una partita alla settimana in VR, così come le leghe professionistiche di hockey, corsa e baseball organizzano vere e proprie esperienze digitali per i fan. 

Nei prossimi 3 anni, per dare qualche dato, si prevede che la VR e l’AR diventeranno ciascuna un’industria multimiliardaria, con alcune stime che raggiungono 150 miliardi di dollari di fatturato combinato AR e VR nel 2020. 

Benefici e rischi

Come abbiamo visto, però, dall’emergere di altri nuovi media – dal telegrafo al telefono, dalla televisione a internet – la promessa di innovazione si accompagna quasi sempre ad un parallelo senso di pericolo. A causa degli aspetti psicologici che rendono le realtà immersive coinvolgenti, e del potenziale impatto negativo sui singoli utenti e sulle loro comunità, occorre filtrare i media immersivi attraverso una lente che abbia a cuore la salvaguardia e la tutela dei diritti umani

Una struttura basata sui diritti umani integrerebbe la dignità umana nel DNA dei sistemi immersivi, proprio come le strutture di privacy-by-design mettono in primo piano le preoccupazioni relative alla privacy all’inizio dello sviluppo di politiche e prodotti

In particolare, focalizzarsi in primis sui diritti umani significherebbe che i creatori e i legislatori che si muovono nello spazio delle realtà immersive dovrebbero esaminare le discrepanze tra le leggi esistenti sulla privacy e le nuove forme di potenziali violazioni della sicurezza. Alla base deve esserci la tutela dei diritti fondamentali degli utenti – insieme all’esame dei rischi nascenti inerenti sia alle interfacce che ai contenuti immersivi stessi.

Per adottare un approccio alle realtà immersive basato sui diritti umani, è importante porsi domande come: 

  • Quali rischi emergono dalle capacità incorporate come caratteristiche standard nell’hardware VR/AR tipico? 
  • Quali rischi di abuso da parte dell’utente o violazioni del diritto alla libertà di espressione, alla libertà di riunione e alla sicurezza degli utenti possono essere ragionevolmente previsti? 
  • Che aspetto ha la moderazione dei contenuti in un ambiente immersivo? 
  • Dobbiamo ripensare ai rischi per la privacy nel contesto delle realtà immersive? 
  • Date queste domande, che tipo di azioni possiamo intraprendere oggi per preservare i diritti umani negli spazi virtuali?

Esaminare le domande fondamentali in una fase iniziale del ciclo di vita delle realtà immersive può aiutare a evitare alcune delle insidie che abbiamo visto di recente nelle altre forme di tecnologie basate su internet, e può darci l’opportunità di applicare questo nuovo potente mezzo in modi socialmente affermativi e personalmente benefici.

Le nuove sfide per i media immersivi

Cosa succede alla libertà di espressione e alla sicurezza pubblica quando i nuovi media fondono i mondi offline e online, e creano un universo che si interscambia continuamente?

La moderazione dei contenuti è una sfida particolarmente difficile per le realtà immersive. Alcuni sistemi presenti nell’hardware VR e AR possono impedire alcune problematiche che possono verificarsi all’interno delle singole esperienze. Proprio per la sua natura immersiva, infatti, contenuti aggressivi come le minacce di violenza possono sembrare più reali in uno spazio virtuale, perché sono ben più di semplici parole sullo schermo.

Gli interventi di moderazione possono porsi su più piani. Il primo livello in assoluto di tutela avviene tramite il controllo del comportamento dell’utente stesso, attraverso le azioni e le scelte che il proprio avatar proietta nelle realtà immersive. Il secondo livello sarebbe il contenuto dell’ambiente virtuale stesso. Il terzo sarebbe costituito dagli aspetti incorporati nelle interfacce e nelle piattaforme stesse. Alcuni di questi livelli, come il comportamento dell’avatar, rappresenteranno un rischio più prevedibile di altri.

Rendere la realtà virtuale un luogo sicuro

Le molestie online nei mondi virtuali e nelle comunità digitali sono state ben documentate – e si potrebbero immaginare soluzioni diverse per ciascuno dei livelli di cui si è parlato. 

Un esempio significativo di offesa online attraverso un’esperienza virtuale, è raccontata dalla giornalista Taylor Lorenz che, nel 2016, ha descritto così il suo ingresso in AltspaceVR, un popolare forum di social VR:

“Entro due minuti dall’ingresso nella stanza di benvenuto… mi è stato dato il mio primo “bacio di realtà virtuale” non richiesto. Poco dopo, il mio avatar magro dai capelli castani è stato circondato da utenti maschi che si strofinavano su di me e chiedevano se ero altrettanto magra nella vita reale o solo una cicciona dietro un avatar. Mi sono sentita strappata dal mondo virtuale e trasportata indietro alla scuola media”.

La sua collega, che ha anche esplorato la piattaforma utilizzando un avatar femminile, ha avuto un’esperienza simile. Anche se la piattaforma ha poi investito in moderatori, termini di servizio che vietano molestie e comportamenti lascivi, e strumenti di blocco, Lorenz ha ritenuto che la demografia degli utenti e la funzione di VR sociale creassero le condizioni per il verificarsi di tali abusi.

In risposta alle preoccupazioni sul comportamento degli utenti, le aziende hanno iniziato a creare funzioni di moderazione dei contenuti che tengono conto del controllo, della volontà e del consenso degli utenti. Molte piattaforme ora generano una zona di comfort privata che corrisponde alle approssimazioni culturali offline, come fornire una zona di circa 12-18 pollici di spazio personale intorno a un utente.

Alla conferenza F8, Oculus ha descritto come sta proteggendo lo spazio personale degli utenti. Per esempio, quando la “bolla di sicurezza” di un avatar utente viene invasa da un altro utente in un’app VR sociale di Facebook, entrambi gli avatar diventano invisibili l’uno all’altro

Altre impostazioni create progressivamente all’interno delle realtà immersive danno all’utente la possibilità di revocare il consenso a partecipare agli impegni sociali. Premendo “Pausa”, un utente può interrompere l’azione in un ambiente VR se si sente a disagio. Un utente può “silenziare” l’avatar di un altro utente per farlo sparire completamente. Le applicazioni hanno anche moderatori dal vivo per aiutare la polizia.

E’ importante approcciarsi alle nuova realtà immersive con attenzione, perché se le sfide iniziali della VR sociale non vengono affrontate, probabilmente potrebbero aumentare – ed evolvere in nuove sfide. Inoltre, dato che grandi aziende come Mozilla e Facebook investono nello spazio della tecnologia immersiva, i legami più stretti tra le piattaforme di social media e le piattaforme di social VR possono diventare preoccupanti per chi ha a cuore la privacy degli utenti

Tecnologia immersiva e biometria

L’area delle realtà immersive che ha il più alto potenziale di abusi dei diritti umani può essere quella legata alla raccolta di dati biometrici. A causa del tipo di informazioni che possono essere reperite e di una fondamentale mancata corrispondenza con la legge esistente, questo settore si presta particolarmente all’abuso. 

Per dare una rapida definizione di biometria, basti sapere che si identifica con “biometria”  una misurazione biologica – o caratteristiche fisiche – che può essere usata per identificare gli individui. Per esempio, la mappatura delle impronte digitali, il riconoscimento facciale e la scansione della retina sono tutte forme di tecnologia biometrica.

I ricercatori sostengono che la forma di un orecchio, il modo in cui qualcuno si siede e cammina, gli odori corporei unici, le vene nelle mani e persino le contorsioni facciali sono altri identificatori unici. Questi tratti definiscono ulteriormente la biometria.

L’identificazione biometrica ha un ruolo crescente nella nostra sicurezza quotidiana. Le caratteristiche fisiche sono relativamente fisse e individualizzate – anche nel caso dei gemelli. L’identità biometrica unica di ogni persona viene usata, al giorno d’oggi, principalmente per sostituire o almeno aumentare i sistemi di password per computer, telefoni e stanze ed edifici ad accesso limitato.

Una volta che i dati biometrici sono ottenuti e mappati, vengono salvati per essere abbinati a futuri tentativi di accesso. Il più delle volte, questi dati sono criptati e memorizzati all’interno del dispositivo o in un server remoto.

Il rischio qual è? E’ che gli scanner biometrici, compresi i sistemi di riconoscimento facciale, possono essere ingannati. I ricercatori della University of North Carolina a Chapel Hill hanno scaricato le foto di 20 volontari dai social media e le hanno usate per costruire modelli 3-D dei loro volti. I ricercatori sono riusciti a violare quattro dei cinque sistemi di sicurezza che hanno testato.

E, oltre ai problemi di sicurezza informatica, si torna alla questione della privacy e della sicurezza in generale.

Le nuove innovazioni in ambito di realtà immersive creeranno più sfide e ambiguità. Per esempio, in fase di giudizio, un tribunale può pensare che collegare le informazioni biometriche di un individuo con il suo account Facebook o Oculus sia identificativo

Trovare delle soluzioni

Dato l’aumentato profilo di rischio delle realtà immersive, cosa possono fare le aziende, gli sviluppatori di esperienze, i regolatori e i legislatori in modo proattivo per mitigare gli esiti negativi sui diritti umani da AR e VR?

Sviluppare un’euristica basata sul valore e una chiara comprensione delle regole dell’esperienza da parte degli utenti per migliorare la sicurezza degli stessi

Gli spazi virtuali possono generare nuovi tipi di esperienze sociali, basate sulla capacità di personificare oggetti inanimati, creare nuovi ambienti, manipolare le leggi della fisica e della natura, e incarnare diversi tipi di forme fisiche. 

L’industria VR/AR è ancora abbastanza nuova e, per ora, l’operatività interpiattaforma rimane una questione irrisolta. Con l’evoluzione di HMD e sistemi, gli utenti svilupperanno modi distintivi di gesticolare, interagire e navigare negli spazi, e questi saranno legati alle specifiche esperienze immersive che stanno vivendo e alle limitazioni tecniche delle piattaforme che le ospitano.

Questi codici comportamentali risultanti potrebbero non essere trasferiti attraverso l’ecosistema immersivo, e rappresentano un’ulteriore sfida per gli utenti che cercano di interpretare il significato delle comunicazioni in un nuovo tipo di ambiente sociale.

Finché non ci sarà una lingua comune e un vocabolario fisico su come interagire negli spazi virtuali che comprenda elementi variabili di comportamenti attesi, interattività e euristica o regole non dette dell’ambiente, una chiara dichiarazione di norme aiuterà a limitare i comportamenti dannosi

Questo può essere fatto in due modi. In primo luogo,i social media hanno affrontato il problema dello spostamento delle convenzioni sociali e dei significati volatili avviando soluzioni di moderazione della comunità.

In secondo luogo, i creatori di sistemi hardware e di contenuti immersivi possono rendere chiare le aspettative comportamentali degli utenti nelle esperienze di onboarding della piattaforma. Spesso questa programmazione introduttiva è la prima esperienza che un utente avrà in un mondo virtuale, e può essere formativa delle sue aspettative su come comportarsi e cosa aspettarsi dagli altri.

Livelli di specificazione diversi nell’ambito della moderazione

Come già detto, chi progetta ambienti virtuali e realtà immersive dovrebbe capire che ci sono più livelli in cui la moderazione del contenuto può avvenire. Questi includono: il livello del contenuto, come le singole esperienze immersive (simile al software); il livello comportamentale, che ospita le interazioni utente-utente e l’interattività tra gli utenti e l’ambiente; e il livello dell’account, dove gli utenti si registrano e accedono alle funzioni della piattaforma immersiva. Dati questi tre livelli, che tipo di moderazione dei contenuti dovrebbe essere applicato per gli ambienti virtuali?

Posto che il livello comportamentale è quello che si presta alle sfide più impegnative, l’impostazione dei livelli può assumere diverse forme, e i progettisti dovranno scegliere se vogliono penalizzare gli utenti che violano le norme di comportamento che vogliono infondere, se vogliono applicare un rinforzo positivo per gli utenti che dimostrano comportamenti pro-sociali, o se integrano i due approcci. 

Una visione alternativa per la moderazione dei contenuti sarebbe guidata dal valore dei legami della comunità, con una sovrapposizione tra più gruppi diversi per contrastare le bolle dei filtri. Le ricerche fatte dagli studiosi dell’interazione comportamentale negli spazi online hanno scoperto che i regimi di moderazione guidati dalla comunità hanno un certo successo, perché possono personalizzare le regole per gli scopi del forum, per le aspettative degli utenti e per i mutevoli desideri del gruppo.

Infine, guardando al livello dell’account, la moderazione dei contenuti può sembrare diversa dalle molestie online, a causa del diverso profilo di rischio con diversi tipi di informazioni nella pila. Le aziende immersive dovrebbero riconoscere i rischi inerenti al loro hardware e software, e applicare le migliori pratiche per mitigare il rischio di cybersecurity. Questo potrebbe includere l’obbligo di audit di sicurezza dell’hardware da parte di esperti esterni, con un occhio alla privacy, alla sicurezza e alla sicurezza degli utenti.

Istituire un sistema basato sul rating per l’intrattenimento vr/ar.

Un altro suggerimento, al di fuori del contesto hardware, potrebbe guardare a soluzioni che influenzano i sistemi sociali al di fuori del comportamento dell’utente, concentrandosi sulle esperienze immersive stesse. Altri media come i videogiochi, la musica e i film hanno sviluppato sistemi di classificazione per aiutare gli utenti a prendere decisioni informate sui contenuti a cui vogliono esporre se stessi o i loro figli. Alcune classificazioni suddividono i tipi di contenuto in fasce di età raccomandate.

Anche se questo non impedirebbe i potenziali impatti negativi del comportamento scorretto degli utenti o negherebbe l’esposizione a contenuti espliciti, come la violenza grafica, fornirebbe agli utenti informazioni per prendere decisioni sul tipo di esperienze immersive a cui desiderano partecipare.

Con un tale schema, gli utenti sarebbero in grado di fare esperienze più informate, deliberate e consensuali su ciò che stanno per sperimentare in VR. Questo è molto importante, considerando le caratteristiche delle esperienze immersive che le fanno sentire reali e le impiantano come fanno i ricordi nella nostra psiche.

Creare codici di condotta a livello di industria

A questo punto, dove le interfacce immersive sono costantemente in movimento e l’industria è ancora in evoluzione, sarebbe rischioso sviluppare una legislazione per affrontare danni specifici. Tuttavia, questo non significa che un’eventuale legislazione non sia una buona idea. Nel frattempo, codici di condotta, vincoli volontari e un attento esame delle caratteristiche fondamentali dei sistemi immersivi dovrebbero essere intrapresi per prevenire i danni.

Le tecnologie immersive dovrebbero aspirare a fare meglio delle piattaforme basate su internet, quindi c’è l’opportunità di non ripetere alcuni degli errori fondamentali dei media online. Fortunatamente, esiste già un quadro di riferimento che può aiutare. Secondo i principi guida delle Nazioni Unite per il business e i diritti umani (UNDP), le aziende hanno una tabella di marcia per determinare il loro ruolo nella promozione e nell’attuazione dei diritti umani.

Gli UNDP, noti anche come i Principi Ruggie, promuovono un quadro in cui i governi devono proteggere i diritti umani, le aziende devono rispettare i diritti umani, ed entrambe devono fornire accesso al rimedio quando i diritti umani vengono violati. Altre industrie con alti livelli di rischio operativo – come petrolio, gas, mineraria e nucleare – si sono riuniti per formare dei codici di condotta.

Questa autogestione permette loro di condividere le migliori pratiche, di agire collettivamente per anticipare i danni e fornire rimedi, e di ridurre i rischi condivisi che si diffondono nel settore. Le aziende immersive dovrebbero considerare come le loro operazioni, politiche e procedure andrebbero sotto l’UNDP – e costruire questa comprensione nelle loro pratiche commerciali principali mentre sono ancora in una fase nascente.

Il primo passo per conformarsi all’UNDPs è guardare ai principi trasversali in un settore e creare un accordo basato sul consenso tra le parti interessate. Attualmente non esiste un codice di condotta per l’industria immersiva. Dato il profondo e ampio potenziale di danni per gli utenti, questo sarebbe un passo proattivo per aiutare le aziende ad anticipare e affrontare le sfide – e per gli utenti a garantire che le protezioni siano in atto per prevenire o mitigare i danni. In questo modo, possiamo assicurare che i diritti umani possano avere un ruolo formativo nel funzionamento fondamentale di queste nuove aziende e sistemi tecnologici.

Per concludere

Le nuove forme di innovazione aprono nuovi ambiti di possibilità – e nuove frontiere in cui dovremmo esercitare cautela. Lo spazio della tecnologia immersiva non fa eccezione. Le preoccupazioni basate sui diritti umani, come la libertà di espressione, la sicurezza e l‘incolumità, dovrebbero essere una seria considerazione nelle tecnologie immersive, sulla base del modo in cui interagiscono con i nostri corpi e le nostre menti.

Regolatori e legislatori hanno affrontato problemi simili quando hanno cercato di integrare i media online emergenti nel nostro tessuto sociale e nei paradigmi legali. Guardare ai social media, alle molestie online e ad altre sfide con l’integrazione della sicurezza e della libertà di espressione negli spazi online può offrire una tabella di marcia per anticipare e affrontare i problemi emergenti con le esperienze immersive.

L’adattamento anticipato – o il disallineamento – con le attuali concezioni delle leggi sulla privacy può aiutarci a mostrare dove possiamo prevedere le sfide che regolano la conservazione, l’applicazione, l’uso e la vendita di informazioni personali negli ambienti immersivi.

Infine, ci sono cose che possono essere fatte oggi per proteggere gli utenti degli spazi immersivi da danni futuri. Guardare a come i dati online sono protetti dallo sfruttamento può servire da modello per le nuove interfacce immersive con il potenziale di forti impatti fisici o psicologici. Altre industrie volatili sono state in grado di integrare valutazioni basate sui diritti umani basate sull’UNDPs per aiutarle a capire i rischi e fornire rimedio quando si verificano danni. L’industria della tecnologia immersiva dovrebbe prestare attenzione e fare lo stesso, in questo momento storico cruciale.

Articolo tratto da “Reimagining Reality: Human Rights and Immersive Technology” del Carr Center for Human Rights Policy, Harvard Kennedy School, liberamente tradotto e rielaborato.

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