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Diritto alla disconnessione nel lavoro agile: cos’è e perché è indispensabile

diritto alla disconnessione

Con la diffusione della modalità di lavoro in smart working, il tempo che gli individui trascorrono connessi ai dispositivi digitali è cresciuto esponenzialmente. E’ cresciuto così tanto, in effetti, da diventare un problema: ha portato stress, ansia, e talvolta anche al burnout. Da qui l’origine del diritto alla disconnessione, finalmente riconosciuto in Italia.

Se lo smart working, dunque, all’inizio della pandemia era stato considerato una panacea per permettere agli individui di continuare a lavorare, ben presto hanno cominciato a comparire i primi effetti collaterali. Tanti lavoratori non disponevano, e non dispongono ancora, di uno spazio dedicato in casa propria, tanti hanno famiglie da accudire.

Chi invia un’email si sente autorizzato a spedirla a qualsiasi ora del giorno e della notte e, di contro, chi risponde si sente tenuto a farlo il più rapidamente possibile. Il fatto che siano tutti reperibili in casa propria ha fatto sì che gli orari di lavoro siano aumentati e si siano mescolati al tempo di riposo, e che di conseguenza, un individuo non disponga più blocchi di tempo da dedicare a sé stesso. Chi dispone di un orario più flessibile, e in genere anche di una relativa autonomia, rischia di subire un aumento del tempo dedicato alle attività lavorative e a una speculare riduzione del tempo dedicato al riposo e alla vita privata.

La qualità stessa del lavoro è cambiata: si lavora mentre si svolgono le faccende di casa, e input digitali e non intervengono continuamente per interrompere quello che si sta facendo.

Cos’è il diritto alla disconnessione?

Il diritto alla disconnessione si riferisce al diritto per il lavoratore di non essere sempre reperibile. Questo implica che non dovrebbe essere tenuto a inviare chiamate di lavoro ed e-mail, o comunicazioni con il proprio capo, al di fuori dell’orario di lavoro. La sua previsione è particolarmente importante nell’ambito del lavoro agile.

Come si è detto, al di là degli incredibili vantaggi che ha portato il lavoro in smart working, che ha indubbiamente garantito una maggiore velocità di scambio di informazioni fra colleghi della stessa azienda e fra aziende diverse, ha velocizzato moltissimi processi operativi e decisionali e ha aumentato la nostra produttività, bisogna tener conto del drastico impatto che ha avuto sulla vita privata e sulla sfera domestica dei lavoratori a distanza.

Il diritto alla disconnessione richiede una normativa

Le organizzazioni europee e mondiali hanno guardato con occhio critico a questa tematica fin dall’inizio della pandemia, tanto che a gennaio, la maggioranza dei politici dell’UE ha sostenuto un’iniziativa legislativa per invitare la Commissione europea, il braccio esecutivo dell’UE, a sviluppare una direttiva a livello di blocco sulla questione.

Nel corso degli anni precedenti, aziende e singoli Paesi erano già intervenuti per affrontare questo problema nel corso degli anni.

  • Nel 2012, la casa automobilistica Volkswagen ha vietato a determinati dipendenti di accedere alle e-mail dalla sera fino al mattino successivo.
  • Nel 2017, la Francia ha introdotto regolamenti che stabiliscono limiti più rigorosi in merito all’inizio e alla fine degli obblighi di un lavoratore a distanza. 
  • Nel 2018, la società di disinfestazione Rentokil è stata condannata a pagare 60.000 euro per aver violato tali regole.
  • All’inizio di quest’anno, l’Irlanda ha introdotto un codice di condotta sul diritto alla disconnessione per tutti i lavoratori, in cui i reclami possono essere presentati a un comitato per le controversie sul lavoro. 
  • Nel Regno Unito, nel frattempo, il Trades Union Congress sta sostenendo che quel paese segua l’esempio.

Cosa funziona in Italia?

La Legge 6 maggio 2021, n. 61, di conversione del decreto legge 13 marzo 2021, n. 30, entrata in vigore il 13 maggio 2021, ha infatti aggiunto all’ art. 2 il comma 1-ter, che così recita:

“Ferma restando, per il pubblico impiego, la disciplina degli istituti del lavoro agile stabilita dai contratti collettivi nazionali, è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.

Gli aspetti più importante ricavabili da questa legge sono fondamentalmente due:

  • Da un lato sancisce apertamente il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni e piattaforme tecnologiche / informatiche (al fine di tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore)
  • Dall’altro che l’esercizio di tale diritto non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sulla retribuzione del dipendente.

Questa è stata una grande vittoria per i lavoratori perché, fino a poco tempo fa non esistevano leggi che prevedessero esplicitamente il diritto alla disconnessione. Quando, infatti, era stata disciplinata la modalità di lavoro agile (o smart working), nel 2017, non era stato riconosciuto questo diritto come direttamente invocabile dal lavoratore.

Secondo la legge 22 maggio 2017 n. 81, in sostanza, si affidava la fonte del diritto alla disconnessione nel contratto tra datore di lavoro e lavoratore, e non nella legge stessa. L’individuazione delle “(…) misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche del lavoro”  (art. 19) doveva essere il frutto di un accordo tra datore di lavoro e dipendente.

Quali saranno i prossimi passi?

Con il riconoscimento del diritto alla disconnessione si sono compiuti enormi passi in avanti per tutelare il benessere mentale dei lavoratori. Seppure le restrizioni a cui la pandemia aveva costretto si siano allentate, alcuni aspetti del lavoro che sono stati modificati nel biennio precedente hanno subito cambiamenti irrevocabili. Si sono risolti tanti problemi, così come ne sono sorti di nuovi, e la sensibilità del mondo del lavoro è cambiata.

Serve, oggi, concepire un modo di lavorare che non schiacci gli individui ma che, al contrario, ne sappia valorizzare le singole potenzialità in un’ottica di miglioramento continuo. Supportare i lavoratori nel cambiamento e fornire loro gli strumenti per vivere un rapporto il più sano possibile con la tecnologia sarà indispensabile perché siano produttivi e felici. I dipendenti che vivono bene sono e saranno lavoratori che lavorano bene, più concentrati e focalizzati sui loro obiettivi.

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