La maggior parte delle persone che conosco si sente piuttosto sopraffatta.
Il concetto della giornata lavorativa dalle 9 alle 5, che è stato abbastanza standard per decenni, è un lontano ricordo: oggi vita e lavoro si sono fusi al punto che, tra di loro, non ci sono più molti confini.
Le nuove tecnologie come smartphone e social media, con le loro continue distrazioni, ci "abilitano" a spostare la nostra attenzione da un task all'altro, all'insegna del perenne multitasking, caratteristica quasi costante della vita moderna.
Tuttavia, nonostante l'ubiquità di queste tecnologie, sono poche le prove che davvero garantiscono che abbiano migliorato la nostra produttività, il modo in cui lavoriamo o la qualità della nostra vita.
Al contrario: la produttività è rimasta relativamente piatta negli ultimi decenni, anche se è stato un periodo caratterizzato dall'avvento di tecnologie rivoluzionarie come Internet e gli smartphone.
Anzi, gli studi scientifici ci dicono che l' aumento delle ore di lavoro "fuori dal lavoro" è piuttosto significativo: lavoriamo anche, ad esempio, controllando e rispondendo alle email e strumenti di chatting aziendali a tutte le ore del giorno, nei fine settimana e durante le vacanze.
Perchè è questo? Come siamo arrivati qui? E cosa dovremmo fare al riguardo?
Questo è l'argomento dell'ultimo libro che sto leggendo di Cal Newport, "A World Without Email". Sostiene che il modo in cui lavoriamo oggi (cioè il nostro "flusso di lavoro") potrebbe essere indicato come la "mente iperattiva dell'alveare", che definisce come:
"Un flusso di lavoro incentrato su conversazioni in corso alimentate da messaggi non strutturati e non programmati consegnati tramite strumenti di comunicazione digitale come e-mail e servizi di messaggistica istantanea."
Cal Newport
Cosa comporta la "mente iperattiva dell'alveare" ?
La maggior parte di noi è arrivata ad accettare questo flusso di lavoro come "normale", come cose che semplicemente sono così. Ma coloro che sono abbastanza grandi da ricordare la vita prima dell'email e delle tecnologie correlate sanno che questo è solo un flusso di lavoro tra le tante possibilità. Questo non significa che sia per forza il più efficace.
La sensazione di essere costantemente "attivi" e "collegati", necessaria per rispondere a qualsiasi richiesta o interruzione in un attimo, non favorisce ciò che Newport chiama "deep work", la capacità di concentrarsi senza distrazioni su un compito che necessita di attenzione profonda e stabilizzata.
Senza un lavoro profondo, non abbiamo innovazione, creatività, soluzioni ai nostri problemi più difficili, né diamo significato e scopo in ciò che facciamo.
La mente iperattiva dell'alveare, non porta benefici alla nostra salute e al nostro benessere. Innesca quella parte del cervello rettiliano di reazione come se fosse tutto un "potenziale pericolo", interferendo con l'amigdala e di conseguenza con le nostre emozioni, come la paura.
Interferisce con il sonno, ci distrae dal tempo di qualità con la famiglia e gli amici e interferisce con il tempo libero, il gioco, il divertimento e il tempo nella natura.
Disconnettersi dalla mente iperattiva dell'alveare è probabilmente uno dei passi più importanti che possiamo compiere per migliorare la qualità della nostra vita, sia personalmente che professionalmente. Ma, come fa notare Newport nel suo libro, non è solo un problema individuale.
Nessuna quantità di posta elettronica in batch e time blocking (che sono strategie che sia lui che io raccomandiamo) sarà sufficiente per affrontare questo problema a meno che non venga affrontato anche a livello sistemico.
Ciò significa che le aziende, organizzazioni e team con cui lavoriamo hanno bisogno di cambiare il modo in cui lavorano e, insieme a ciò, le loro aspettative su come lavoriamo, affinché possiamo vedere il vero progresso.
Per essere chiari, né Newport né io stiamo suggerendo di eliminare del tutto le e-mail. Se utilizzato in modo appropriato, è uno strumento fantastico per la comunicazione e la condivisione delle informazioni. Dopotutto io stesso mi iscrivo a diverse newsletter via email che mi tengono informato e arricchiscono la mia vita.
Ma come fondatore di Digital Detox nel 2015 sto attivamente cercando modi per diffondere il "mantra" che non dobbiamo eliminare lo smartphone o il digitale, bensì dobbiamo "lavorare" per integrarlo nella nostra vita, e di conseguenza dobbiamo imparare a disconnettersi da questa "mente iperattiva".
Questo significa creare un modo di lavorare e di comunicare che sia molto più favorevole al lavoro profondo, alla salute e al benessere personale e organizzativo.
Fare delle pause ci aiuta a "scollegare" la mente iperattiva, un grande passo che possiamo fare per reclamare la pace, la presenza e la concentrazione che non sono "lussi" ma bisogni.
A rischio di sembrare eccessivamente drammatici, penso che questa sia la sfida per i prossimi anni, sia per noi, sia per la nostra umanità.