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Il multitasking: cos’è?

multitasking

Al giorno d’oggi non essere multitasking vorrebbe dire quasi essere messo ai margini. Siamo tutti abituati ad ascoltare la musica mentre studiamo, a rispondere alla email mentre stiamo completando dei progetti. Ma l’essere multitasking porta davvero beneficio al cervello?

L’economia 24/7, le imprese digitali, le piattaforme collaborative online, così come i social media, diventeranno un unicum con le nostre giornate, dove i contorni tra online e offline sfumeranno come quelli tra vita lavorativa e vita privata. Il 24/7 è l’annuncio di un tempo senza divenire, un tempo svuotato di ritmo, armonia e circolarità.

Stiamo celebrando il tempo allucinato dal rincorrere un “presente” in cui la ricerca passa da e per uno smartphone, prima che per noi stessi. Lo smartphone è il passe-partout contemporaneo per accedere al business (delle multinazionali).

Jonathan Crary, nel libro 24/7, asserisce: “La sua efficacia consiste nell’incompatibilità o discrepanza che rivela tra il mondo della vita degli esseri umani e l’evocazione di un universo perennemente on, in cui la modalità off non è assolutamente prevista”. In tale contesto la vera rivoluzione non è il digitale ma il valore che attribuiamo al tempo.

Ci sono molti articoli e guide rapide di gestione del tempo, ma è di vitale importanza per il management comprendere alcune questioni fondamentali circa l’uso di smartphone e dispositivi digitali per infondere al meglio le abitudini organizzative su cui stratificare un nuovo modello di lavoro. Le ultime stime parlano in modo molto chiaro: entro il 2020 ci saranno 33 miliardi di dispositivi digitali nel mondo e si delinea che ogni persona ne avrà in media 4,3.

Siamo in un tempo in cui l’architettura della nostra vita personale e aziendale deve essere assolutamente rinnovata e ristrutturata. Siamo nell’era della distrazione digitale, in cui l’accesso all’economia della conoscenza passa per uno smartphone. Questa economia brucia attenzione. Del resto, già nel 1971, Herbert Simon, premio Nobel per l’economia, scriveva: “L’informazione consuma attenzione”. Con un carico di lavoro sempre più crescente, con ambienti di lavoro “tossici” – come li ha definiti la rivista Harvard Business Review – dove le distrazioni digitali per un lavoratore avvengono ogni 180 secondi, è obbligatorio riformulare il paradigma del tempo e dell’attenzione.

L’attenzione non si deve confondere con il multitasking, l’abilità nella gestione delle attività sul lavoro. Chi pensa che il multitasking debba essere considerato come una skill importante in sede di colloquio si sbaglia di grosso: è una forma “accettata” di regresso che sta portando il lavoratore a una gara tacita a chi si svuota prima. I costi di una cultura degli anni precedenti, basati sul culto del multitasking, stanno comparendo ora come una semplice reazione. Già da qualche tempo è stato stimato che l’economia americana perda ogni anno 650 miliardi di dollari perché quasi tutti gli impiegati praticano il multitasking; non riuscendoci, contribuiscono a determinare un calo della produzione, come riportato da Rosen in “The Myth of Multitasking”.

Come comportarsi, in questa ondata dell’essere parzialmente dappertutto e mai su hic et nunc?

Cosa è il multitasking?

Un tempo l’attività svolta negli uffici era o quella di scrivere testi, o di sbrigare la corrispondenza, o di telefonare, o di archiviare materiale/atti, o di tenere riunioni e colloqui. Adesso svolgiamo contemporaneamente tutte queste attività, anzi ne aggiungiamo delle altre, come la gestione dei social media.

Oggi le aziende richiedono ai loro collaboratori la capacità del multitasking così come richiedono la conoscenza dell’inglese e una buona dose di problem solving. Il problema è proprio questo: il multitasking non può essere considerato una skill.

Un semplice esempio di multitasking è mentre siamo alla guida di un’auto: cambiamo marcia, giriamo all’incrocio a destra mentre, allo stesso tempo, stiamo ascoltando la radio. Questo è multitasking.

Il subconscio può contemporaneamente fare tutto questo, ma solo uno di questi compiti può avere l’attenzione della mente conscia. Il subconscio può fare tutte le altre attività perché è stato addestrato per farle fino al punto di diventare routine. Ci ricordiamo la prima volta che abbiamo guidato un’automobile? La mente era “presente” solo alla singola attività.
Eravamo in modalità monotasking. Il subconscio dei lavoratori impegnati in occupazioni manuali differisce da quello dei lavoratori in ufficio. Il multitasking comporta un continuo passaggio di attenzione tra i compiti/dispositivi e altre persone; è una modalità di lavoro che richiede di portare avanti diverse attività più o meno simultaneamente, le quali abbisognano dell’attenzione della mente cosciente.

Potremmo fare un’analogia con i computer. Un processore moderno è in grado di aprire più finestre sul desktop, mentre un processore installato su computer più vecchi non riesce a fare lo stesso.

Il risultato è evidente: aprendo più finestre contemporaneamente il computer non ce la fa, rallenta e si blocca. Quel processore, nuovo o vecchio che sia, siamo noi. Comprendere le implicazioni del multitasking è davvero importante per la produttività aziendale, specialmente per avviare nuovi protocolli comportamentali nell’era delle distrazioni. Le ricerche scientifiche ci indicano che il multitasking invalida il lavoro in termini di produttività e creatività.

Non stiamo forse andando controcorrente?
Il problema delle distrazioni continua a essere aggravato dalla comparsa di nuove forme di interruzione. Facendo più cose contemporaneamente, stiamo solo ingannando noi stessi, perché siamo convinti di finire più attività.

In realtà, la produttività diminuisce anche del 40%, perché non siamo – non possiamo essere – multitasking. Passiamo solo da un compito all’altro. Ci spostiamo rapidi di qua e di là, ci interrompiamo, perdendo tempo.

Secondo le stime, gli impiegati cambiano attività ogni tre minuti durante la giornata lavorativa, e comprendere le implicazioni del multitasking è davvero importante per la produttività aziendale specialmente per avviare nuovi protocolli comportamentali nell’era delle distrazioni.

Nonostante le ricerche scientifiche ci indichino che il multitasking, mentre si studia o si lavora, rende inefficienti, nel mondo del lavoro è una delle prime competenze richieste dagli HR.

Daniel Goleman, nel suo libro Focus: “come mantenersi concentrati nell’era della distrazione“, delinea come il multitasking stia danneggiando la nostra vita sotto quattro aspetti:

  1. Tempo: non riusciamo più a stare nel flusso del tempo, passare da un compito all’altro è un dispendio di tempo, attenzione ed energia;
  2. Efficacia: non riusciamo a gestire al meglio il lavoro perché siamo contemporaneamente su più progetti che assorbono energia, lasciando aperti i cicli. Siamo più distratti. Non siamo (quasi) mai nel focus;
  3. Salute: l’apparato fisico e psichico è quello che subisce notevoli ripercussioni come ansia, stress, malattie psicosomatiche;
  4. Relazioni: il multitasking non solo interrompe il lavoro e frammenta l’attenzione, ma si insinua anche nei rapporti di coppia e interpersonali.

Del resto, in questo mondo 24/7, probabilmente il vero lusso è prendersi del tempo invece che farsi prendere dal tempo.

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